Via di trasporto passeggeri – Parte 4a

Il trasporto passeggeri ebbe grande importanza sul Naviglio Grande. Cominciarono alcune barche locali a trasportare passeggeri da un paese all´altro, senza regolarità, su iniziativa privata di barcaioli intraprendenti, specialmente nei giorni di mercato e di feste. Solo a metà del secolo XVII la navigazione passeggeri cominciò ad acquistare un andamento regolare e frequente; ma bisogna aspettare ancora un secolo, fin verso la metà del Settecento, per trovare una vera regolamentazione del servizio pubblico, a tariffe, orari, fermate e partenze alla varie stazioni .

All´inizio del Settecento le barche erano due e divennero dodici alla fine di questo secolo ; svolgevano servizio giornaliero collegando la città di Milano con Turbigo, Boffalora, Abbiategrasso, Gaggiano. A metà dell´Ottocento si aggiunsero anche la stazione di Robecco sul Naviglio.

Già prima che il trasporto diventasse un servizio pubblico, come ora inteso, la gente si serviva delle barche sul Naviglio per una ragione intuibile: il basso costo. Il carattere popolare del servizio, e quindi la sua alta utenza, ne imposero la regolamentazione, anche se erano disposizioni emanate di volta in volta, solo quando le circostanze lo richiedevano.
Nel 1796 le tariffe vennero organicamente revisionate e nuovamente stabilite. Le soste dovevano avvenire alle spiagge d´imbarco prestabilite, scelte possibilmente vicine al corpo principale dell´abitato, ed ove la sponda del naviglio sia armata e non molto elevata sul pelo d´acqua. A Robecco all´inizio del secolo scorso i barchetti stazionavano all´apposita ripa alla sponda sinistra del canale a corso d´acqua; poi, con la costruzione del ponte pedonale, nel 1841 la stazione fu spostata in prossimità di questo per ricevere i passeggeri che pervengono dall´una e dall´altra parte del paese.

Ogni barca-corriera veniva periodicamente ispezionata dal Custode, coadiuvato da un perito; veniva redatto un verbale con il quale si constatava la conformità delle caratteristiche dell´imbarcazione a quelle previste dai regolamenti. Una barca corriera doveva essere lunga 17,50 metri e larga al massimo 2,90 m. e andava diretta con la pala; il casello, nel quale i passeggeri prendevano posto su panche fisse, non doveva essere più lungo della terza parte della barca, alto al colmo 2,35 m. e ai fianchi almeno 1,62 m
La barca doveva essere costruita in legno di rovere, così come il coperchio del casello, le altre parti potevano essere in legno dolce; se la barca non era in buono stato se ne ordinava la riparazione, se invece veniva trovata logora era dichiarata fuori corso. I proprietari dovevano allora presentare una domanda alla Direzione Generale delle Pubbliche Costruzioni, per ottenere l´autorizzazione a sostituire il natante con un altro nuovo, da costruire secondo le prescrizioni dei regolamenti.

Il Regolamento del 26 novembre 1822 prevedeva una nuova forma per le barche-corriere: il fondo non doveva più estendersi dall´una all´altra estremità, ma doveva cessare a due terzi della lunghezza, prima d´arrivare alla parte anteriore, ove le sponde concorrendo a congiungersi fra loro costituirebbero la prora, la cui facciata descriverebbe la curva atta a fendere l´acqua nello scopo d´incontrare minor resistenza nel movimento della barca.Lo stesso regolamento autorizzava le barche a conservare la pala e quindi, come scrive il Custode a Milano nel 1842, si avrebbe lo sconcio di vedere la barca costruita nella parte anteriore in una forma e la posteriore in un´altra, alla prima diversa. Per questa ragione già nel 1834 alcuni barcaioli avevano chiesto ed ottenuto di ricostruire le loro imbarcazioni secondo la forma antica delle migliore corriere, infatti più la barca ha il fondo largo e meglio galleggia.

La navigazione notturna sul Naviglio, salvo specifiche autorizzazioni, era vietata da una norma del regolamento del 22 ottobre 1821, che rimase in vigore fino alla fine del secolo.

Nel terzo e quarto decennio dell´Ottocento vennero effettuati alcuni esperimenti per superare il limite secolare della navigazione sul Naviglio, cioè la sua lentezza. Nel 1830 la Direzione Generale delle Poste commissionò uno studio per introdurre su tutti navigli i battelli a vapore, da costruire "elegantemente, a somiglianza di quelli già attivati sui laghi", con "una macchina a vapore inglese di dieci cavalli; saranno atti a navigare sui detti canali vincendone la corrente senza l´aiuto di forze animali". Erano previsti trenta posti a sedere nella prima classe, "che sarà addobbata con maggiore eleganza", e altrettanti nella seconda classe. La stazza avrebbe potuto superare le sei tonnellate e la velocità poteva raggiungere le otto-nove miglia all´ora: la prima tratta Milano-Turbigo si sarebbe percorsa in sei ore ed il ritorno in quattro (i barchetti tradizionali ne impiegavano rispettivamente undici ed oltre sei).

Nel 1834 Giuseppe Bruschetti , ingegnere idraulico ed autore di un volume sui canali navigabili, segnala di essersi trasferito da Milano ad Abbiategrasso col battello Elisabetta. Il piroscafo Arciduchessa nel 1831, partendo da Venezia, aveva risalito il Po ed il Ticino fino a Pavia e per il Naviglio Pavese era giunto fino alla Darsena di Milano: questo viaggio aveva segnato la ripresa dei tentativi di sviluppare la navigazione a vapore in Lombardia.

Il viaggio del Bruschetti si inserisce in un più vasto disegno, in parte realizzato con l´introduzione nel 1826 di un piroscafo sul Lago Maggiore e sul Lago di Como; il primo piroscafo raccoglieva a Sesto Calende i passeggeri provenienti dal Milanese (quegli stessi cioè per i quali si voleva introdurre la navigazione a vapore da Milano al lago). Proprio questi moderni mezzi di trasporto fecero ancor più sentire i limiti delle imbarcazioni tradizionali.

Nel 1835 (1) si sperimentò sul Naviglio Grande una barca trainata da un carro, "per rimontare le correnti" con un meccanismo inventato da un falegname, tale Luigi Torchi. Dai documenti non è chiaro in cosa consistesse la novità; alcune testimonianze riportano che "ove a misura che l´acqua cresceva in velocità, accelleravasi il corso del carro e conseguentemente quello della barca, che superò con tanta facilità quella durezza (cioè il tratto di forte pendenza del Naviglio presso la cascina Poscallo di Abbiategrasso), che non lo si sarebbe ottenuto con sei cavalli spinti di trotto".La Contessa Clementina nel porto di Pavia presso lo sbocco del Naviglio nel Ticino

Il carro procedeva controcorrente ed era fornito di una ruota idraulica immersa nel Naviglio: maggiore era la pendenza e quindi la spinta dell´acqua su di essa e maggiore era la velocità con cui procedeva il carro e, di conseguenza, l´imbarcazione. La curiosa invenzione suscitò interesse e speranze, attirando parecchi curiosi in occasione degli esperimenti. Ma poi sul Naviglio si continuò a navigare come sempre. Infatti, mentre sul Po nel 1844, veniva introdotto un servizio regolare di rimorchio col piroscafo Mocenigo tra Venezia e Mantova e l´anno successivo la linea proseguì fino a Pavia, progetti analoghi sul Naviglio Grande vennero abbandonati (forse anche per l´eccessivo moto ondoso che si causava, con pericolo di danni alle sponde). Ma non si voleva rinunciare all´idea di rendere anche qui più veloci le comunicazioni.  

  
                 
Nel 1841 si effettuò perciò un esperimento di navigazione con una gondola da Milano a Turbigo: trainata da due o tre cavalli, parve al Custode adattissima a navigare soprattutto perché, pur molto veloce, non arrecava alcun danno alle rive: "L´ondulazione è minima ed innocua e l´agitazione nel movimento in nulla pericolosa e diverrà ancora meno sensibile quando maggiore ne sia il carico". Ma non era un progetto nuovo: l´aveva già presentato nel 1830 un certo Luigi Delagardette di Cuggiono, che aveva anche elaborato le modalità del servizio: ogni gondola, con posti di prima e seconda classe, veniva trainata da quattro cavalli tanto in discesa che in risalita, oltre ad uno di scorta apprestato nelle stazioni di Gaggiano, Boffalora, Castelletto e Turbigo; da quest´ultima località a Milano, e viceversa, il viaggio non sarebbe durato più di sette ore, (mentre la barca-corriera ne impiegava tredici). Ma il biglietto di viaggio sarebbe stato più costoso e questa fu una delle cause del fallimento della proposta del 1830: "La classe povera, che è quasi la sola cui servono le barche-corriere, mal soffrirebbe l´aumento di tassa".

         
Iniziarono quindi nel 1841 le corse regolari delle gondole in posta, facendo anche servizio celere di corrispondenza. Ma i conducenti delle barche-corriere avevano presentato le loro lamentele per la concorrenza che subivano. Subito dopo iniziarono le prime emulazioni: essendo la celerità l´unico vantaggio offerto dalle gondole, la concorrenza andava fatta aumentando il numero dei cavalli al tiro delle barche-corriere. Fra i barcaioli nacquero malumori e sul canale si crearono situazioni pericolose: ogni conducente, sia di gondola che di barca-corriera, metteva al tiro quanti più cavalli poteva per aumentare la velocità, cosi che un continuo violento moto ondoso fece temere seri danni al canale. Il Custode, sempre vigile, stese subito un promemoria che iniziava cosi: "Per l´ondulazione soverchia che arrecano tanto le gondole quanto le barche-corriere rimorchianti il Naviglio, per la quantità dei cavalli che vi si attaccano, è necessario limitare il numero alla cifra quattro per ciascheduna, affinché dalla gara ora apertasi nelle corse non seguano danni alle opere pubbliche e private del canale".

Il servizio di gondole fu subito sospeso e si rinunciò anche a continuarlo; nell´aprile del successivo 1842 se ne annunciava tuttavia la riattivazione. Non si sa con certezza fino a quando durò questo servizio particolare; certo è che agli inizi del ventesimo secolo il trasporto dei passeggeri avveniva ancora con i tradizionali, lentissimi barche. Mentre prima l´alternativa era fra l´economico viaggio sull´acqua, anche se lungo, ed il veloce, ma per pochi, mezzo privato (carrozze …), nei primi decenni dell´Ottocento si fanno sempre più frequenti le attivazioni di regolari corse di diligenze. Il primato del barchetto decadde con la ferrovia Milano-Vigevano, anch´essa parallela al canale.

Via canale avvenivano inoltre gli spostamenti delle nobili famiglie milanesi quando, all´inizio della buona stagione, lasciavano i loro palazzi cittadini per giungere alle proprietà agricole ed alle residenze di villeggiatura, situate lungo le sponde. Per questo motivo, tutti i parchi, che si affacciano sui navigli erano dotati di approdi, darsene o piccole insenature che consentivano un accesso diretto dal canale. Pur se di natura essenzialmente funzionale, gli approdi assumevano grande importanza nella organizzazione spaziale ed architettonica del giardino della villa, poiché diventavano lo sfondo ideale verso cui far convergere vialetti e visuali prospettiche.

(1)

Notizie Statistiche interno ai fiumi, laghi e canali navigabili delle provincie comprese nel governo di Milano – 1833