La Rete è un bene di tutti

La Rete è un bene di tutti – di David Weinberger

La libertà di internet riguarda la libertà, non solo internet. La libertà della rete – come la libertà di stampa – esce dai propri confini entrando nel terreno politico e culturale. E noi intanto continuiamo a discutere su come limitare internet invece di valutare come renderla più libera e aperta che non mai.

Abbiamo bisogno di avere chiaro in testa quali timori siano reali e quali siano solo le paure riflesse degli attuali poteri dal momento che la vita della democrazia si sta spostando rapidamente in rete. E questo è conseguenza del fatto che il web permette alla democrazia di essere realizzata più pienamente rispetto al sistema dei vecchi media controllati dal centro. L’internet permette già delle libertà che prima non avevamo. Per esempio, come sottolinea Clay Shirky, internet ci consente di organizzarci senza organizzazioni. Se le istituzioni politiche organizzate ritengono che questo sia una minaccia, hanno ragione. E internet permette a tutti i cittadini di diventare editori, decidendo da soli quello che secondo loro è importante, linkando i temi ai propri siti e rilanciandoli attraverso i social network. Se i conglomerati dei media, abituati ad avere uno stretto controllo sull’informazione, la vedono come una minaccia, hanno anch’essi ragione.

Ma quanto è reale questa minaccia per il vecchio ordine? Sufficientemente reale dal momento che il movimento della democrazia sulla rete è radicato nella natura stessa della rete. Internet è disegnata per muovere tutta l’informazione in maniera uguale, indipendentemente dal contenuto o dall’orientamento politico, ma anche del censo o del potere di chi la invia. La voce di un singolo cittadino può essere ascoltata alla stregua del più potente magnate dei media. E’ ugualmente facile per un semplice cittadino mettere in piedi un sito come per un miliardario. E il video di un ragazzino può diventare virale allo stesso modo del prodotto del marketing di una multinazionale. Tutto questo è frutto della natura di internet, pensata per connettere un numero enorme di punti in maniera efficiente. Incanalare tutti questi dati attraverso punti di controllo centralizzati rallenterebbe in maniera inaccettabile il sistema. Perché la rete è stata pensata per non avere un centro… il che significa che non ha neanche un vertice. Si tratta di una rivoluzione rispetto al vecchio sistema in cui solo le persone al centro potevano comunicare le loro idee. Ed essere al centro significava anche essere al vertice.

L’architettura della rete riflette quindi i vecchi sogni della democrazia. Tutte le persone sono uguali. Tutte le idee hanno le stesse opportunità. Le barriere alla partecipazione civile sono state abbassate. Il  problema è capire se noi contrasteremo questi sogni o se combatteremo per esaudirli. In ogni caso abbiamo un confronto davanti a noi.

Perché un governo dovrebbe contrastare gli impulsi democratici naturali della rete?

In primo luogo alcuni governi sono preoccupati che internet possa rendere pubblico del materiale che corrompa la cultura nazionale o i giovani. Questo è vero, dal momento che internet rende disponibile tutti i materiali. Ma ogni governo si è già dotato di leggi che proibiscono contenuti del genere. Queste leggi esistevano prima, e adesso si applicano alla rete. Sono pochi i governi che hanno pensato che le loro culture fossero così fragili da distruggere piuttosto internet – e l’accesso che fornisce ai tesori culturali della nazione – piuttosto che usare semplicemente le leggi esistenti per far rispettare i divieti. E’ questo il motivo per cui nel mondo le aziende che ospitano contenuti caricati dagli utenti non sono ritenuti responsabili per quei contenuti, soprattutto se rimuovono i commenti più sensibili quando richiesti. Nessuna azienda sana rischierebbe di permettere agli utenti di dialogare – e questo è quello che significa postare su un sito – se fosse ritenuta responsabile per tutto ciò che gli utenti dicono. L’equivalente sarebbe che i proprietari di un caffè fossero responsabili per le cose dette dai clienti. Un caffè senza dialogo umano non è un caffè. Un’internet senza il contributo degli utenti è tv. Forse questo è ciò che giudici e politici vorrebbero. Ma se fosse così sarebbe un giorno tragico per la libertà. Questo è il motivo per cui tutto il mondo guarda alla sentenza italiana nei confronti di Google.

In secondo luogo alcuni governi temono che  la rete sia utilizzata dai terroristi e quindi non vogliono che le conversazioni siano anonime. Ma i terroristi usano anche i telefoni, le radio e anche i caffè. Bastano dieci minuti su Google – sempre che Google non venga incarcerata in Italia – per trovare i modi per comunicare sul web in maniera anonima, a dispetto di tutti gli sforzi di attuazione delle leggi. Le leggi contro l’anonimato in rete privano quindi i cittadini rispettosi della legge di una rilevante fetta della loro libertà, senza peraltro ostacolare terroristi o altri criminali. Abbiamo bisogno che l’anonimato sia semplice sul web perché la conversazione politica funziona se noi siamo in grado di dire anche cose stupide, mettere alla prova idee controverse, mettere alla prova posizione che non condividiamo del tutto, dire cose in maniera provocatoria in modo da indurre delle risposte. Ci sono troppe cose in gioco nella conversazione politica per ritenere che una democrazia robusta possa essere sostenuta solo con discussioni calme e prudenti. L’anonimato non è solo per i colpevoli. E’ anche per le persone libere.

Anche se riusciamo a contrastare i tentativi antidemocratici e fondati sulla paura per controllare internet, c’è ancora molto lavoro da fare. Internet potrebbe essere il medium perfetto per la democrazia, ma non c’èalcuna automaticità. Come sottolinea Lawrence Lessig, si può alterare profondamente internet cambiando il suo codice, le norme, le leggi o le consuetudini di mercato. Un governo potrebbe, per esempio, costringere gli internet cafè a registrare i passaporti dei propri clienti. Un giudice potrebbe minacciare di arresto i responsabili di aziende che pubblicano contenuti ritenuti controversi dal governo. O le nazioni potrebbero lavorare insieme per imporre rigidi controlli sul copyright, distruggendo così il giovane ecosistema dell’informazione dal basso, che si basa sulla capacità dei cittadini di fare commenti e link con il massimo della libertà legale.

C’è ancora molto lavoro da fare dato che il campo di gioco di internet non è ancora sgombrato di ostacoli. Tutti possono fare il loro sito web, ma il sito di un colosso media raggiungerà molte più persone. Abbiamo ancora molte difficoltà nell’ascoltare le piccole voci. Abbiamo bisogno di soluzioni per questo problema eterno perché abbiamo bisogno della democrazia.

E per realizzare i sogni della democrazia dobbiamo andare contro la nostra stessa natura umana. Possiamo ritenerci una specie dalla mente limitata che preferisce le rassicurazioni all’imbarazzo di prendere seriamente le idee alternative. Siamo sottoposti a ondate di idee stupide che diventano attraenti grazie a un approccio populista. Queste debolezze sono umane, non sono il frutto di internet. Se abbiamo paura che idee rozze si propaghino tra i cittadini, dobbiamo fare in modo di educarli, non di proibire la diffusione di tutte le idee. Se abbiamo paura che idee false siano troppo attraenti online, dobbiamo fare in modo di costruire delle risorse che permettano alle idee false di essere contraddette e alle buone idee di essere approfondite.

Davanti a noi ci sono quindi due sfide. Una è una battaglia contro internet, ma nei fatti è la vecchia battaglia contro il consolidamento della democrazia. L’altra è la sfida per garantire che un medium adatto in maniera unica alla democrazia nei fatti realizza il suo sogno. Perché quel sogno è il sogno della democrazia stessa

 

Da : http://novareview.ilsole24ore.com/articoli/46982

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